Riportiamo l’intervento di Siria Boccalini*, durante l’Attivo Unitario del centro Italia sulla legge di Bilancio 2019 di Cgil, Cisl e Uil che si è tenuto stamattina, mercoledì 19 dicembre, al Teatro “Ambra Jovinelli” a Roma.
Mi chiamo Siria Boccalini e sono RSA della UILCA della banca Monte dei Paschi di Siena a Roma.
E’ un onore per me essere qui e avere l’opportunità di parlare davanti a tutti voi per la mia categoria, ma è ancora più un privilegio far parte di un sindacato confederale, che abbraccia tutti i settori e che rappresenta diverse categorie di lavoratori, che nella loro tipicità sono unite da un filo tanto invisibile quanto forte: quello della situazione economica italiana.
La Legge di bilancio, che in questi giorni sta portando ad un pericoloso braccio di ferro con l’Europa, da una parte è ambiziosa, perché chiede di uscire dall’austerità e attuare politiche di espansione e investimento, dall’altra probabilmente non spinge sulle leve giuste per consentirci di tornare a crescere.
Le misure presentate dal governo puntano ad una politica assistenzialista, che forse cura le ferite della povertà, ormai così diffuse sul nostro territorio, ma non le guarisce. Per tornare a crescere non servono sussidi, ma lavoro ed è quello che i nostri sindacati hanno chiesto nel documento consegnato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nei giorni scorsi.
La battaglia che stiamo portando avanti ha un prezzo molto alto. Negli ultimi mesi l’instabilità politica e le tensioni con l’Europa hanno bruciato più di 300 miliardi di risparmi, il 10% del Pil. Io che rappresento i colleghi delle banche ho visto da vicino questa perdita di valore. Anche gli investimenti meno rischiosi hanno pagato il loro prezzo e non dobbiamo mai dimenticare che gli italiani sono un popolo di risparmiatori, un popolo che ha nella sua cultura l’obiettivo di avere una casa di proprietà e un po’ di soldi in banca per le emergenze e in questi anni di emergenze nelle famiglie ce ne sono state tante e proprio questo cuscinetto di sicurezza ha permesso di attutire il colpo di una crisi che oramai dura da troppi anni.
Siamo quasi alle battute finali di questo confronto con la Commissione Europea e se dobbiamo lottare e pagarne il prezzo chiediamo di farlo per i motivi giusti e per accendere i motori dello sviluppo.
Come riportato nella nostra proposta, è necessario tornare ad investire sulle infrastrutture e sulle grandi opere per migliorare il nostro territorio e soprattutto per creare posti di lavoro. Dobbiamo stabilizzare i lavoratori precari della Pubblica Amministrazione, tornare ad investire sulla Sanità, tenendo presente che nei prossimi anni rischiamo di non avere più medici di base perché i pensionamenti supereranno le assunzioni e anche il bacino dei laureati e dei laureandi potrebbe non bastare a colmare il divario.
I servizi pubblici sono un valore importante, sono il welfare dei cittadini e tornare ad investire in questa direzione può migliorare la qualità della vita delle persone e delle famiglie che rappresentiamo.
Bisogna creare lavoro diminuendo le tasse alle imprese e attuando politiche fiscali che incoraggino la stabilizzazione dei lavoratori. Pensionati e dipendenti pubblici e privati da tempo sostengono una pressione fiscale esagerata, che potrebbe essere alleggerita combattendo seriamente l’evasione fiscale, con l’aiuto della tracciabilità dei pagamenti e dell’introduzione di un limite all’uso dei contanti. L’evasione fiscale in Italia tocca i 108 miliardi l’anno, una cifra esorbitante che potrebbe fare un’enorme differenza per la nostra economia. Pagano sempre gli stessi e pagano troppo, questo deve cambiare se vogliamo guarire le ferite sociali ed economiche del nostro Paese.
Per far ripartire l’economia e veder crescere i nostri settori è necessario che i soldi tornino a girare e che le persone si sentano sicure di poterli spendere.
Lunedì sera ho visto l’ennesimo servizio al telegiornale dove si parlava degli italiani come un popolo di “bamboccioni”, che resta a casa fino ai 30 anni e a volte anche oltre.
Mi chiedo (e vi chiedo) come un ragazzo che non ha un lavoro stabile possa pensare di andarsene da casa e quale futuro possa costruire. Per uscire di casa serve un lavoro stabile, serve uno stipendio che consenta di prendere almeno un monolocale, di pensare a costruire un futuro e magari poter decidere di avere un figlio. Si parla di calo delle nascite e di crisi demografica. Io non sono ancora madre, ma conosco tante donne che hanno avuto il coraggio, insieme ai loro compagni, (perché in questa società ce ne vuole) di avere dei figli. Tante mamme, con lavori poco retribuiti e precari, decidono di lasciarli perché quello che guadagnano non copre le spese che dovrebbero affrontare per pagare qualcuno che si occupi dei loro figli durante la loro assenza.
Troppo spesso le giovani donne vengono scartate nei colloqui perché anche la potenziale maternità diventa una discriminante per ottenere un posto di lavoro e in una società che lamenta una importante crisi demografica queste sono realtà che stonano.
Poi ci sono le donne che nonostante tutto hanno la forza e la fortuna di diventare mamme e mantenere il loro posto di lavoro, ma quando rientrano dopo la maternità in molti casi vengono demansionate, questo succede anche nelle grandi aziende.
La verità è che le donne e i giovani sono diventati in questi anni i “grandi esclusi” dal mondo del lavoro e quando parlo di donne mi riferisco soprattutto alle mamme.
Le pari opportunità nel mondo del lavoro sono ancora un miraggio: le donne continuano a guadagnare meno degli uomini a parità di grado in molti settori, a vedere precluse alcune possibilità di carriera, a pagare il prezzo di essere madri o anche solo di poterlo diventare.
Le nostre sigle nel documento consegnato al Presidente del Consiglio hanno inserito anche questa proposta: tornare ad investire sui servizi ai cittadini, sulla scuola, sia per quanto riguarda le infrastrutture che sul personale, creare una rete di sostegno per le famiglie e soprattutto per le mamme che vorrebbero poter scegliere di essere anche donne e lavoratrici senza dover rinunciare alla loro indipendenza.
Parliamo di Europa unita, ma prima dobbiamo lavorare per costruire un’ Italia unita che non corra a due velocità. Gli investimenti devono guardare al Sud, garantendo ai giovani e ai padri di famiglia la possibilità di trovare un lavoro e di costruire il proprio futuro. La soluzione nel lungo periodo non può essere il reddito di cittadinanza, ma deve essere la creazione di posti di lavoro con investimenti mirati, lotta alla criminalità organizzata e incentivi per le aziende che decidono di puntare sul meridione.
Vorrei ora tornare a parlare dal punto di vista della mia categoria, che come tutte le altre sta pagando lo scotto di questa crisi.
Il nostro settore ha conosciuto il sapore amaro dei licenziamenti, l’incertezza delle fusioni e dei fallimenti, e a pagare non sono stati i potenti banchieri che riescono sempre ad uscire dalle crisi e a riciclarsi, ma i lavoratori, i clienti e i risparmiatori.
Non siamo più una categoria “privilegiata” come si pensa nell’immaginario collettivo. La mia banca, il Monte dei Paschi di Siena, che esisteva ancora prima della scoperta dell’America e che era il fiore all’occhiello del nostro sistema creditizio, è oggi una “sopravvissuta” e noi dipendenti con lei. Il salvataggio non è stato indolore: da 33.000 dipendenti dopo l’ultimo piano di ristrutturazione arriverà ad un organico di 20.000 circa. La mia categoria, in questi ultimi anni, ha perso oltre 60.000 posti di lavoro.
So che alcuni settori che qui voi rappresentate stanno combattendo guerre più dure, ma anche noi portiamo avanti le nostre battaglie e vincerle non è semplice né scontato. Dietro le banche ci sono i dipendenti, i risparmiatori, le aziende che contano sugli affidamenti per pagare i lori fornitori e i loro dipendenti. Le banche fanno parte del grande equilibrio economico che vede coinvolti tutti i settori che noi qui rappresentiamo. I fallimenti delle banche hanno un prezzo molto alto e si ripercuotono su tutti gli ambiti dell’economia, basti pensare al 2008 e alla crisi provocata da Lehman Brothers.
La ripresa dell’economia non può prescindere dalla salute del nostro sistema creditizio e il governo deve tenerne conto. Le banche possono essere il motore di questa ripresa e per farlo, devono tornare a svolgere il loro ruolo storico: quello di fare credito e sostenere la crescita della nostra economia, riducendo il divario tra il nord e il sud del nostro Paese.
Di questa economia siamo tutti protagonisti ed è questo che ci rende forti. Essere sindacati confederali ci ha consentito di avere una visione ampia per creare una proposta articolata ed ambiziosa da presentare al Governo e cercare di contribuire ad una Legge di Bilancio realmente orientata alla crescita.
Infine invito tutte le organizzazioni sindacali di CGIL e CISL della mia categoria di ricostituire un patto unitario, a ritrovare quella voglia di stare assieme, che nel corso di questi ultimi anni è andata piano piano scemando.
Vi ringrazio per avermi ascoltato, per me è stato un onore parlare davanti a tutti voi e di questa opportunità.
Un grazie speciale va a tutti voi, che come me avete deciso di combattere per i diritti dei lavoratori che rappresentiamo e di quelli che potremmo rappresentare se l’Italia tornasse a crescere e ad investire sul lavoro, che è il valore su cui è fondata la nostra Repubblica.
Grazie a tutti.
Siria Boccalini*
RSA Uilca Monte dei Paschi di Siena