Ci sono molte cose nel profondo malessere che vivono quotidianamente le Lavoratrici e i Lavoratori del credito, a qualsiasi livello, e la Uilca ha visto confermato da questionari svolti tra i propri iscritti.
C’è la necessità di dover conseguire obiettivi spesso irraggiungibili e comunque mai sufficienti, perché, se conquistati, vengono immediatamente sostituiti da altri, ancora più ambiziosi.
C’è il costante timore di non essere all’altezza del compito loro assegnato.
C’è l’ansia di non potersi permettere una distrazione o un rilassamento.
C’è la tensione determinata dalla continua competizione, instaurata scientemente da una filiera di comando e da un’organizzazione del lavoro, che antepongono il raggiungimento di un obiettivo, al metodo utilizzato per ottenerlo e agli effetti che produce.
Tutto ciò è il risultato di politiche commerciali finalizzate a produrre profitti a breve termine, attuate con continue pressioni sui Lavoratori e concentrate sulla vendita di prodotti finanziari, anche se rischiosi.
Metodi che possono produrre conseguenze gravi e diffuse sulla stabilità e reputazione delle banche, con relativi diretti effetti sociali ed economici nel Paese, come avvenuto negli scorsi anni, di pesante crisi economica.
In questo scenario il Sindacato ha considerato necessario ampliare la tutela dei dipendenti del credito, quale settore centrale del Paese, inserendola in un contesto sociale e politico, oltre che economico, e recuperando il valore del cliente, come risparmiatore e non quale destinatario di prodotti finanziari.
Così è nato l’Accordo sulle Politiche Commerciali e l’Organizzazione del Lavoro, sottoscritto tra Organizzazioni Sindacali e Abi l’8 febbraio del 2017, che ha allargato gli ambiti di intervento per gestire sindacalmente una materia complessa e sfuggente come le pressioni alla vendita, coinvolgendo aspetti come il benessere lavorativo, la formazione, la comunicazione, i sistemi incentivanti e la stessa organizzazione aziendale, quale fattore che può determinare storture nel rapporto con il personale e la clientela.
Un accordo con una visione complessiva che può produrre concreti effetti positivi se si sviluppa un profondo e radicale cambiamento culturale nelle aziende, a tutti i livelli, nei lavoratori e nei rappresentanti sindacali, su come affrontare le politiche commerciali.
Un processo che inevitabilmente richiede tempo e deve scontare il superamento di varie difficoltà, ma deve indirizzare in modo nuovo anche le stesse relazioni industriali rispetto a questi temi.
L’accordo nazionale infatti va oltre la mera dinamica sindacale e rappresenta un patto sociale di portata lungimirante e innovativa, dalla cui realizzazione dipende molta della credibilità del settore.
Purtroppo spesso le aziende non favoriscono la diffusione di questo approccio, per cui le politiche commerciali siano vissute come fattore di attenzione quotidiana di tutto il settore, e tendono a preferire accordi interni di basso profilo, che si limitano a costituire la commissione aziendale prevista dall’accordo nazionale.
Non bisogna arrendersi a questa concezione, perché scegliere la strada più semplice e accomodante, in generale, ma soprattutto in una materia così complicata, significa fare scelte prive di prospettiva, che non risolvono i problemi vissuti dalle Lavoratrici e dai Lavoratori.
È quindi tempo di una svolta concreta, che faccia vivere l’accordo nel settore e nel Paese, valorizzando gli aspetti di responsabilità sociale che determina e i principi di tutela del risparmio.
Per questo costituisce è determinante l’avvio, il prossimo 16 gennaio, dei lavori della Commissione Nazionale e la conferma dei compiti della stessa, stabilita nell’incontro tra Organizzazioni Sindacali e Abi dello scorso 12 dicembre, anche in merito al controllo dei sistemi incentivanti e degli accordi sul tema nelle singole banche e all’avvio dell’indagine di clima di settore, già prevista nell’accordo di febbraio 2017.
Allo stesso tempo è necessario che nelle banche si sviluppi un’azione concreta in termini operativi, con l’attività delle relative commissioni aziendali e con lo sviluppo di una condivisa consapevolezza, a ogni livello, che politiche commerciali improprie producono effetti negativi a tutti i soggetti coinvolti, banche comprese, per le ricadute negative che possono determinare in termini reputazionali e su un valore centrale come la fiducia.
Inoltre è indispensabile, e in questo senso tutti devono sentirsi coinvolti, a partire dalla Commissione Nazionale, diffondere nel Paese lo spirito innovativo dell’accordo, i suoi valori, le sue finalità e la sua portata culturale, anche coinvolgendo i mezzi di informazione, le istituzioni politiche e le Autorità di Regolazione e Vigilanza, in modo che il suo rispetto divenga impegno morale, prima che normativo.
Ha infatti ragione il presidente dell’Abi Antonio Patuelli quando dichiara che “bisogna credere nell’accordo dell’8 febbraio 2017 con il Sindacato in primo luogo per ragioni etiche”.
Per Patuelli “le carenze dell’etica producono dissesti e concorrenza sleale e si tratta di dissesti che paghiamo tutti insieme, per questo l’etica è la premessa di quell’accordo”.
Questa affermazione coglie in modo profondo la natura dell’accordo, sottolineando le responsabilità che attribuisce e per prime le banche devono assumersi, senza remore.
È fondamentale per dare risposte concrete a quel malessere profondo che le Lavoratrici e i Lavoratori del credito non meritano di dover sopportare oltre.
La Uilca è con loro, per questo sostiene con forza l’accordo e il suo valore, è costantemente impegnata perché trovi conferma coerente nelle aziende ed pronta a tutte le azioni necessarie per divulgarlo e per farlo rispettare.
Fulvio Furlan
Segretario Nazionale Uilca