Secondo la pronuncia del giudice di appello confermata dalla Cassazione (sentenza 21548/2019), anche se durante l’esito del giudizio era avvenuta l’assoluzione in sede penale per reati di favoreggiamento e riciclaggio con formula ampia ” perché il fatto non sussiste ”, la stessa era da considerarsi ininfluente. A tale assunto secondo i giudici si perviene in relazione alla modalità del rapporto di lavoro intercorso ed in considerazione delle contestazioni disciplinari effettuate dal datore di lavoro, da cui si dovevano evidenziare le gravi condotte del dipendente relative alla specifica violazione dei principali doveri a cui lo stesso era tenuto.
Il dipendente era infatti preposto alla filiale della banca, gli erano stati affidati ampi poteri gestionali, era munito di rappresentanza dell’istituto bancario innanzi ai terzi. Pertanto la condotta imprudente nell’adeguata verifica della clientela e delle conseguenti operazioni sospette al rischio riciclaggio, soprattutto in costanza di specifiche e rigorose normative di legge ed interne relative al rispetto delle regole antiriciclaggio, possono costituire la fonte di responsabilità anche contrattuale e possono giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente. Tutto ciò, secondo la magistratura del lavoro, a prescindere dalla rilevanza penale accertata, in quanto in violazione degli specifici obblighi antiriciclaggio ci può essere una grave violazione disciplinare che può comportare la perdita del posto di lavoro.
Giuseppe Del Vecchio
Segretario Nazionale Uilca