Gli attacchi continui contro First Cisl, Uilca Uil e Fisac Cgil ci inducono ancora una volta a chiarire molto schematicamente la successione dei fatti di queste settimane.
L’azienda ha dichiarato, nel mese di dicembre 2023, in occasione della presentazione del piano industriale, l’uscita di 1600 persone attraverso un fondo esodi e la contemporanea assunzione di 800, con un cambio di un’entrata ogni due uscite. Un ricambio generazionale, come l’azienda dice di voler fare, per noi prevede percentuali ben diverse da questa, altrimenti si tratterebbe di esuberi. Il sindacato ha quindi risposto che, a tutela dei colleghi, già duramente provati dalla mancanza di personale e a garanzia di un servizio adeguato alla clientela, soprattutto in presenza di utili vertiginosi, il cambio avrebbe dovuto essere di uno a uno.
Nei mesi successivi sono partite le trattative e il sindacato al tavolo ha dato disponibilità a trattare sui numeri indicando anche alcune possibili soluzioni. Ci si sarebbe aspettato che, come in ogni trattativa (trattativa come da vocabolario = ogni attività che mediante scambio di proposte e controproposte prelude alla conclusione di un accordo), l’azienda facesse la sua controproposta alzando a sua volta i numeri e consentendo di proseguire la discussione su posizioni paritetiche.
Ebbene, in tre mesi, l’azienda non si è mai mossa minimamente dalle proprie posizioni. È rimasta ferma, negli incontri ufficiali, a 800 assunzioni e quindi al cambio dichiarato di uno a due. Non ci sembra siano queste le giuste basi di partenza per trattare, a meno che non si intenda disinteressarsi completamente delle posizioni delle organizzazioni sindacali (e quindi delle lavoratrici e dei lavoratori), interpretando le relazioni industriali come la resa di una parte alle decisioni unilaterali dell’altra. Ovviamente per noi il significato è ben diverso e lavoriamo alla tutela di chi rappresentiamo costruendo sintesi dentro a un contesto di esigenze contrapposte.
Nell’ incontro del 27 giugno che verteva su altri temi, l’azienda, nonostante l’assenza dichiarata di alcune sigle, ha voluto ostinatamente produrre una comunicazione sul fondo esodi nonostante vi fosse un altro incontro già programmato sul tema, prendendosi la responsabilità della rottura delle relazioni sindacali unitarie. Per giunta, in questa comunicazione, il responsabile delle relazioni sindacali aziendale non ha fatto altro che ribadire la volontà di non muoversi dal numero di 800 (così apprendiamo dal comunicato Fabi). Ci chiediamo: perché allora la necessità di forzare questa inutile comunicazione? La strumentalità ci pare ovvia.
La verità è che l’azienda ha intenzione di assorbire velocemente i costi per gli aumenti del Ccnl, vanificando il recupero della perdita del potere d’acquisto e, nonostante utili stratosferici prodotti grazie al contributo delle lavoratrici e dei lavoratori, non si fa scrupoli nel mettere ancora più in sofferenza i colleghi aumentando i carichi di lavoro e mettendo ancor più in difficoltà la rete delle filiali.
Leggiamo dai giornali che, a questo punto, l’azienda vorrebbe procedere, vista la nostra (?!) rigidità in mancanza di un accordo – anzi in mancanza di una resa incondizionata alla sua volontà – a contattare i colleghi pensionandi 2026, come ha già provveduto a fare sottoponendogli proposte per incentivarne l’uscita per raggiunti requisiti pensionistici. Attraverso questa modalità, a suo dire, raggiungerebbe comunque l’obiettivo, come se fosse la stessa cosa raggiungerlo senza aver inserito 800 giovani nel tessuto produttivo dell’azienda, negando di fatto quel ricambio generazionale che aveva garantito di voler fare nel piano industriale. Senza considerare che di fronte a possibili cambiamenti normativi in materia previdenziale, un accordo collettivo garantirebbe maggiormente i colleghi.
L’azienda aggiunge anche una serie di forzature, più o meno velate, se la resa non avvenisse entro pochi giorni. Queste organizzazioni sindacali intendono ribadire, qualora non fosse ancora chiaro, che sono a disposizione per iniziare una trattativa sicuramente dura, ma rispettosa dei reciproci ruoli e attendono una convocazione aziendale come da accordi e come da previsioni di legge, al fine di provare a raggiungere quell’equilibrio tra esigenze contrapposte che i rapporti tra le parti sociali hanno l’obbligo di ricercare strenuamente.
In ultimo, per quanto ci sembra abbastanza evidente, significhiamo all’azienda che ricattucci, piccole vendette, atteggiamenti ritorsivi e minacciosi e financo campagne diffamatorie, non solo non ci spaventano, ma ci convincono ancor di più della bontà delle nostre posizioni.
COORDINAMENTI DI GRUPPO BANCO BPM
FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA UIL