In questi mesi complicati abbiamo tutti assistito a una massiccia diffusione di pratiche cosiddette di lavoro agile, al di fuori di un quadro composto da regole chiare, partecipate e negoziate.
Anche per questo la Uil ha ritenuto necessario un confronto nel merito per definire e condividere un’organica e articolata proposta in grado di individuare le linee guida entro cui dovrà muoversi la Contrattazione Collettiva in merito al lavoro agile/smart working. Per quanto riguarda il credito questo tema è stato inserito tra i capitoli portanti del rinnovo del Contratto Nazionale già nel dicembre del 2019, cui la Uilca ha contribuito proposte e richieste costruttive e risultate lungimiranti alla luce di quanto poi avvenuto.
Questi temi riguardano ovviamente tutto il mondo del lavoro, pertanto la Uil ha promosso un percorso, che ha visto anche un incontro con le categorie dei settori privati, per predisporre linee guida sullo smart working, così da arrivare a un documento da condividere insieme a Cgil e Cisl propedeutico a futuri incontri con il Ministero del Lavoro, oltreché alla ripresa del dibattito europeo sul tema, e per pianificare l’uscita dall’emergenza, atterrando sui binari della contrattazione nazionale che regoli e normi, nelle diverse categorie del lavoro privato, lo smart working.
LA LEGISLAZIONE DI EMERGENZA
Facciamo un breve riepilogo della legislazione degli ultimi mesi sul tema “smart working” o, più correttamente, un suo surrogato. L’estensione diffusa e su larga scala di questo strumento ha trovato la sua prima legittimazione normativa nell’intervento emergenziale in materia di lavoro agile di cui al D.P.C.M. del 23 febbraio 2020. In quella sede, all’art. 3 si è stabilito espressamente, con la norma che ha poi fatto da “apripista” al successivo massivo utilizzo di questo istituto, che “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 18, è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nelle situazioni di emergenza nazionale o locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”, seppure limitatamente alle aree considerate maggiormente a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale e locale e per la sola durata di 14 giorni dall’entrata in vigore del Decreto stesso.
Con il DPCM del 1° marzo l’Esecutivo ha poi riconosciuto ai datori di lavoro delle imprese dell’intero territorio nazionale la facoltà di applicare la modalità di lavoro agile per ogni rapporto di lavoro subordinato, fino alla durata dello stato d’emergenza. Il tutto ha trovato conferma e ulteriore impulso con l’approvazione del D.P.C.M. dell’11 marzo 2020 che, nell’elencare le “Misure di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”, invitava tutte le attività commerciali e produttive alla massima diffusione del lavoro agile.
Sarà poi il D.L. n. 18/2020, c.d. “Cura Italia”, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, all’art.87 a ribadire la portata della disposizione anche per i lavoratori pubblici, definendo il lavoro agile quale modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica.
Infine, con il c.d. “Decreto Rilancio” di maggio, D.L. 34/2020, l’art.90 ha stabilito che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Al quarto comma, inoltre, viene estesa la possibilità di lavoro agile senza accordo fino al 31 dicembre 2020.
LE DIFFERENZE CON IL TELELAVORO
L’emergenza sta rappresentando una grande sfida anche sotto il profilo dell’evoluzione dei modelli organizzativi del lavoro.
Quella che ora stiamo vivendo è una fase di sperimentazione su larga scala, uno smart working obbligato per la maggioranza delle realtà, costruito all’insegna dell’urgenza e dal “fai da te”. Non è l’esito di un processo di partecipazione e contrattazione ma di uno stato di necessità.
In realtà sarebbe più corretto parlare di telelavoro.
Ma qual è la differenza?
L’istituto del telelavoro, nel settore privato, non conosce una disciplina legale, ma ha una natura contrattuale che trova i propri pilastri fondativi nell’Accordo Quadro Europeo sul Telelavoro del 16 luglio 2002, recepito nel nostro ordinamento dall’Accordo Interconfederale del 9 luglio 2004.
Quest’ultimo, all’art. 1, definisce il telelavoro come “una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa”.
Stiamo quindi parlando di una semplice delocalizzazione fisica del lavoro dall’azienda, che non implica una maggiore flessibilità organizzativa.
Con il telelavoro si svolge, infatti, la propria prestazione fuori dai locali dell’impresa, ma questa rimane comunque fissa e predeterminata nel contratto collettivo. La postazione viene allestita nel luogo prestabilito (o, se sono più di uno, nei diversi luoghi prestabiliti) e potrà essere cambiata solo su accordo delle Parti. Inoltre, anche gli orari restano rigidi e definiti all’interno del contratto, nei limiti fissati dalla legge e dai Contratti Collettivi applicabili.
Il riposo è, comunque, obbligatorio per 11 ore consecutive ogni 24, con astensione lavorativa dalla mezzanotte alle 5. Il datore di lavoro, peraltro, ha l’obbligo di eseguire ispezioni per assicurarsi della regolarità nello svolgimento della prestazione, dell’adeguato isolamento dell’attività lavorativa da quella quotidiana e della sicurezza per il dipendente e per le apparecchiature tecnologiche utilizzate.
Lo smart working o lavoro agile, invece, costituisce la possibilità di lavorare in maniera flessibile all’interno di quelle che sono le regolamentazioni del contratto di lavoro. La normativa originaria è racchiusa nella Legge n.81 del 22 maggio 2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
In tale ambito l’art.18, al primo comma, presenta il lavoro agile come uno strumento volto a favorire l’incremento della competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Viene descritto quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di precisi vincoli orari o spaziali e con forme di organizzazione anche per fasi, cicli e obiettivi, con la possibilità di organizzare l’esecuzione della prestazione lavorativa nel rispetto degli obiettivi prefissati, con ampia autonomia operativa del lavoratore, stabilita mediante accordo scritto tra dipendente e datore di lavoro.
Lo smart working non è una diversa tipologia di lavoro e lo smart worker non è un lavoratore autonomo.
È necessario mettere in evidenza che questo tipo di attività rimane all’interno della tipologia del lavoro subordinato.
PROSPETTIVE, PRINCIPI DA REGOLARE NEI CONTRATTI NAZIONALI
La Uil e la Uilca hanno accettato un periodo transitorio di estensione dell’utilizzo del lavoro agile in deroga, in considerazione della straordinarietà di questa fase emergenziale e ritenendo prioritario il contenimento dell’epidemia. Tuttavia, vista la massiccia crescita del fenomeno, una valutazione positiva che sembrano darne alcune fasce di lavoratrici e lavoratori e le imprese coinvolte, e visto anche l’evidente legame fra questa tipologia di lavoro e un periodo ancora indefinito di “convivenza con il virus”, la Uil oggi reputa necessario valorizzare gli elementi di positività emersi e correggerne le criticità, ridefinendo una nuova cornice regolatoria ampia, da inserire nei vari Ccnl.
Un futuro possibile ampio utilizzo del lavoro agile dovrà quindi essere regolato da Accordi Collettivi e liberamente e volontariamente scelto dalla lavoratrice e dal lavoratore, in accordo con l’azienda.
Di seguito alcuni principi di tutela per i dipendenti in modalità lavoro agile:
- occorre ribadire che il lavoro agile rientra nel perimetro del lavoro subordinato come già stabilito per legge;
- in coerenza con il diritto alla disconnessione, il ricorso agli straordinari, nelle modalità di lavoro agile, deve essere circoscritto a specifiche esigenze eccezionali, da normare nella contrattazione di secondo livello;
- essendo il lavoro agile una modalità di svolgimento dell’attività di lavoro dipendente, occorre porre particolare attenzione nell’equilibrare le componenti fisse e variabili delle retribuzioni, affinché la componente “per obiettivi” resti integrativa e non sostitutiva;
- il lavoro agile, rientrando nel più ampio concetto di impresa 4.0, determina un superamento dei limiti spazio temporali dell’attività lavorativa, i quali dovrebbero trovare un riscontro effettivo attraverso una rivisitazione profonda, ma mirata, delle mansioni e degli inquadramenti professionali dei vari Ccnl di settore, onde evitare una errata trasposizione delle tradizionali categorie di inquadramento;
- i minori costi in termini di utenze elettriche ed energetiche derivanti da un massiccio utilizzo del lavoro agile da parte delle imprese non devono essere scaricati sul personale, le cui spese delle utenze domestiche aumenterebbero (può essere istituita un’indennità annuale detassata con la medesima aliquota fiscale sostitutiva del 10% oggi valida per i premi aziendali);
- i costi derivanti l’acquisto, la manutenzione e l’usura dei device tecnologici non possono essere a carico della lavoratrice e del lavoratore, giacché sarebbe auspicabile evitare promiscuità tra device personali del dipendente e quelli utilizzati per l’attività lavorativa;
- il dipendente deve altresì essere totalmente sollevato da rischi informatici che compromettono l’attività dell’impresa non imputabili a sue condotte fraudolente o colpose. A tal fine, anche per rafforzare le competenze e sensibilizzare imprese e lavoratrici e lavoratori sull’importanza strategica della cyber security, il Vademecum prodotto dall’Agenzia per l’Italia Digitale dovrebbe essere arricchito, aggiornato e maggiormente divulgato. A tal fine la cyber security dovrebbe diventare una competenza abilitante per svolgere in sicurezza l’attività in modalità lavoro agile, prevedendo un minimo di ore obbligatorie di formazione;
- occorre considerare che gli ambienti domestici non sono tutti uguali e alcuni potrebbero non disporre di adeguati spazi domestici consoni, anche dal punto di vista ergonomico, allo svolgimento dell’attività lavorativa presso il proprio domicilio. Si dovrebbe quindi garantire alla lavoratrice e al lavoratore la facoltà di poter svolgere la prestazione in spazi e luoghi da liberamente scelti, con eventuali specificati limiti territoriali (in questo ambito potrebbe intervenire la bilateralità – prima che lo facciano i provider di welfare aziendale – offrendo pacchetti dedicati di sostegno alle spese smart working per i lavoratori);
- il ricorso massiccio al lavoro agile non dovrebbe pregiudicare “l’aspetto relazionale” quale elemento centrale dello svolgimento dell’attività lavorativa, per questo occorre prevedere un numero di giornate massime in cui l’attività debba svolgersi fuori i locali aziendali in modalità smart working;
- è auspicabile che il lavoro agile rappresenti l’occasione per il passaggio definitivo dal concetto di maternità a quello di genitorialità. È necessario, infatti, che il lavoro agile non si trasformi in uno strumento dedicato solo alle donne, che in questo modo devono coniugare lavoro e attività di cura familiare;
- vanno previste sanzioni per pratiche di sfruttamento dello smart worker attraverso la registrazione dei tempi di lavoro con particolare attenzione per le micro e piccole imprese;
- il lavoro agile non sospende né riduce le libertà, i diritti, le agibilità sindacali. Nei Contratti Collettivi vanno previste modalità attraverso cui la lavoratrice e il lavoratore, se in smart working, possa esercitare i propri diritti sindacali anche, e non solo, attraverso gli stessi strumenti informatici con cui lavora da remoto.
DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE: FONDAMENTALE BILANCIAMENTO DEL LAVORO AGILE
Alla lavoratrice e al lavoratore che opera in modalità agile, nel periodo di riposo, deve essere assicurata la disconnessione, da intendersi come il diritto a non utilizzare gli strumenti tecnologici usati per la prestazione lavorativa.
Per la definizione delle modalità concrete di esercizio di tale diritto la soluzione più adatta è il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
É nella contrattazione che devono essere stabilite eventuali fasce di disponibilità del lavoratore nel rispetto del work life balance. Infatti la presenza e/o l’introduzione di dispositivi/strumenti digitali nei luoghi di lavoro può offrire molte nuove opportunità e possibilità per organizzare il lavoro in modo più flessibile, a vantaggio sia dei dipendenti che della produttività aziendale.
Al contempo, ciò può creare rischi e sfide in merito alla delimitazione del lavoro e della vita privata sia durante che dopo l’orario di lavoro.
È dovere del datore di lavoro garantire la sicurezza e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori in ogni aspetto relativo al lavoro. Per evitare eventuali effetti negativi, l’attenzione deve essere rivolta alla prevenzione e concordare soluzioni per dipanare l’intreccio di interessi diversi e contrapposti. L’attività sulle linee produttive o in ufficio consente di uscire dal luogo di lavoro e lasciare lì gli strumenti della propria prestazione lavorativa. Soprattutto rende possibile distinguere tra orario di lavoro, straordinari, giorni festivi e riposi.
Questo attraverso il lavoro agile diviene più difficile.
Si tratta di rischi superabili attraverso la modifica della legge e il ricorso alla Contrattazione Collettiva. L’unico riferimento che si può trovare nel nostro ordinamento è rinvenibile infatti all’articolo 19, comma 1, della Legge n. 81/2017 che rimette all’accordo individuale (oggi non necessario, come già detto, vista la situazione di emergenza) tra lavoratrici e lavoratori e datori di lavoro il compito di individuare “i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Ma questo non basta: la legge non parla di un diritto e non possiamo neppure fingere che l’accordo individuale, senza una modifica alla legge, possa realmente difendere chi, storicamente, è il soggetto debole del rapporto di lavoro.
IL CONTRATTO NAZIONALE DEI BANCARI
Le soluzioni sopra prospettate sono già norma contrattuale per i bancari, anche grazie all’alto livello delle relazioni industriali nel settore del credito.
Nell’estate del 2018 la Segreteria Nazionale e la commissione contrattuale Uilca identificarono il lavoro agile e il diritto alla disconnessione quali capitoli qualificanti delle proposte da portare al tavolo sindacale, per contribuire alla piattaforma rivendicativa di rinnovo del Contratto Nazionale in scadenza.
L’adesione convinta di tutte le altre Organizzazioni Sindacali del credito e il forte spirito unitario con il quale si affrontò il negoziato con l’Abi nel corso del 2019 portarono, prima tra tutte le categorie di lavoro, nel dicembre dell’anno scorso a normare con successo in un Contratto Nazionale Collettivo e con una forte aderenza alle linee guida Uil il lavoro agile e il diritto alla disconnessione.
Confidando nel superamento della fase emergenziale è necessario che il diritto alla vita e alla salute, la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori e della clientela siano garantiti senza bisogno di regole eccezionali.
È ora di praticare quanto normato nel Contratto Nazionale del credito.
Roma, 16 luglio 2020
Giuseppe Bilanzuoli
Segretario Nazionale