Abbiamo atteso tre giorni prima di rispondere alla proposta dell’Amministratore Delegato di UniCredit Mustier, di far pagare i tassi negativi ai clienti che hanno un conto corrente superiore ai 100.000 euro per i riflessi che avrà sia sui correntisti che sulle politiche di bilancio delle banche.
Non siamo ne saremo mai sostenitori delle politiche industriali di Mustier spesso incomprensibili (vendita di importanti asset, perdita di quote di mercato, riduzione degli organici) e lo aspettiamo al varco del Piano industriale che si preannuncia “lacrime e sangue”.
Abbiamo coinvolto in questa analisi il nostro Ufficio Studi Orietta Guerra, proprio per avere un parere anche tecnico e non solo politico su queste dichiarazioni.
Il dibattito sull’efficacia delle scelte di politica monetaria espansiva effettuate dalla Banca Centrale Europea nell’ultimo decennio, per favorire la ripresa economica e raggiungere il tasso d’inflazione “naturale” sarà sicuramente oggetto di studio nei prossimi anni.
Tale dibattito tuttavia dovrà considerare l’assoluta solitudine in cui la Banca Centrale Europea ha dovuto operare, non avendo avuto il sostegno sperato delle politiche fiscali da parte dei Paesi europei come ribadito anche nella conferenza stampa a Francoforte del 13 settembre 2019, dal Governatore Draghi: “Per poter fruire appieno dei benefici derivanti dalle nostre misure di politica monetaria, le altre politiche devono contribuire in modo più decisivo a incrementare il potenziale di crescita a più lungo termine, a sostenere la domanda aggregata nella fase attuale e a ridurre le vulnerabilità. L’attuazione delle politiche strutturali nei paesi dell’area dell’euro va considerevolmente accelerata per rafforzare la produttività e il potenziale di crescita dell’area, ridurre la disoccupazione strutturale e incrementare la capacità di tenuta.”
È all’interno di questa situazione politica economica e istituzionale che dobbiamo analizzare la politica monetaria della BCE, e non nei singoli provvedimenti che la attuano come il quantitative easing e i tassi negativi nei deposit facilities.
Per questo le dichiarazioni del Presidente della Federazione delle banche europee Mustier che ha proposto di “scaricare” sui clienti oltre i 100.000 euro i costi dei “tassi negativi” che le banche sostengono quando depositano i soldi in BCE, sono provocatorie, non per la novità dell’idea, in Svizzera lo fanno già da tempo ma solo con i depositi oltre i due milioni di franchi, quanto perché pone il problema della caduta delle reddittività delle banche.
Sbaglia Mustier, e ci opporremo fortemente, se pensa che la redditività delle banche possa essere recuperata tagliando sempre e solo i costi, tra i quali quello del personale.
Per cui è necessario affrontare e discutere quali saranno i prodotti e servizi che le banche del futuro offriranno ai clienti e come Sindacato siamo interessati a favorire e anche a partecipare nell’azione di formazione e riconversione del personale bancario per un nuovo modo di fare impresa finanziaria e assicurativa.
Non siamo disponibili a fare regali alle Poste, ai nuovi soggetti non bancari che potrebbero entrare nel sistema bancario italiano.
Il caso sollevato dall’amministratore delegato di UniCredit, per la Uilca va oltre la reddittività del settore finanziario siano banche e/o assicurazioni perché, e questo, ci preoccupa molto, i bassi tassi d’interesse non sono riusciti a far decollare la crescita economica in questo Paese, come rilevano le leggere variazioni del PIL. La politica monetaria da sola non può costruire ponti, strade, una istruzione migliore o cure mediche più efficaci e migliorare i bilanci delle banche nel lungo periodo.
Per questo servono investimenti pubblici e privati che favoriscano anche un incremento strutturale dell’occupazione.
In tale quadro non crediamo che la reddittività delle banche si aumenti solo eliminando i “tassi negativi” con la BCE, ma anche ridiscutendo il complesso normativo che regola il settore per valutare se l’adeguatezza delle norme è compatibile con il quadro di rischio attuale dell’economia.
Infatti i requisiti di BASILEA III per aumentare la stabilità del sistema finanziario che richiedono sempre maggiori capitali, che costano, e i costi di compliance sostenute dalle imprese bancarie per adeguarsi alle normative erodono una grossa fetta della reddittività.
Tutto questo mentre il “settore” dello shadow banking di cui i Fondi sovrani sono uno degli attori e che si stima valga oltre 50 trilioni di dollari continua ad erodere fette di mercato alle banche e assicurazioni, aiutato anche dalle nuove imprese fintech.
Riteniamo utile che la nuova Presidente della Commissione Europea abbia nella sua agenda il completamento della direttiva Capital Market Union, per fornire un quadro normativo chiaro per tutti i soggetti che operano nel settore finanziario.
Nel settore del credito italiano serve, inoltre, la capacità e la lungimiranza di rinnovare il modo di fare banca, con responsabilità sociale, a sostegno di famiglie e imprese, investendo in nuove professionalità, con formazione e nuova occupazione.
Insomma serve uno sguardo verso il futuro come quello che le Organizzazioni Sindacali hanno dimostrato nella piattaforma di rinnovo del Contratto Nazionale e chiedono all’Abi e alle Banche di condividere.
Comunicato stampa del Segretario Generale Uilca Massimo Masi
del Segretario Generale Aggiunto Fulvio Furlan e
del Responsabile del Centro Studi Orietta Guerra Roberto Telatin